Ogni volta che finiamo una costellazione entriamo in contato con un movimento interno. Discreto non è la parola adatta per descriverlo. Si tratta del Movimento dell’Anima.
Questo movimento si fa sentire sempre più forte ogni volta che entriamo in contato con lui. Ci permette di sentirci davvero parte di qualcosa di più grande. Essere lì, ancorato nel momento presente. Sentire il peso delle gambe. Il peso delle braccia. L’aria che entra ed esci secondo il comando di una forza maggiore.
Le sensazioni di leggerezza o pesantezza subito dopo ogni piccolo spostamento. Le braccia alzate ad accogliere un movimento o, allo stesso tempo, per sostenere un caro integrante che non c’è più. Tutto questo accade in una costellazione e tutto questo diventa parte di noi.
Mi capita sempre di rientrare a casa davvero soddisfatto. Ma allo stesso tempo non del tutto.
A volte non ci sentiamo appieno delle nostre capacità emotive e in più sembra impossibile riuscire a portare nella nostra vita quei vissuti e quelle emozioni e nemmeno quelle sensazioni.
A volte dopo una costellazione arriva un vuoto e sembra che nulla si muova. Non c’è movimento. Nessuno movimento.
Rileggendo il libro L’evoluzione delle Costellazioni Familiari, ho ritrovato le parole di Hellinger
ancora più decise sull’argomento.
Il movimento dell’anima.
I movimenti che non riuscivo a fare. Ecco i movimenti che a volte non riusciamo a capire!
In un altro suo libro, Hellinger ci ricorda che la vita si muove prima interiormente e solo
successivamente si rivolge all’esterno (Il viaggio interiore).
Ed ecco il mio disguido. Non errore. Ormai penso che la parola errore abbia, al mio vedere, un significato troppo pesante. Ed il mio disguido è ancora oggi questa piccola incapacità di trovare il mio movimento interiore.
(…) è qui dove mi prendo le mie responsabilità.
Un movimento interiore.
Fino ad oggi mi sembra di essere stato guidato da movimenti esteriori incoscienti. Un impulso di obbedienza cieca a qualcosa di più grande. Ogni mossa fatta in questo gioco che faccio ormai da anni è stata così incosciente e spensierata che mi viene da ridere. È davvero divertente!
Come mai una persona fa cose senza prendere in considerazione le conseguenze delle sue azioni anche sapendo che si può fare di meglio? Come mai la voglia di fare per bene è così grande e allo stesso tempo infinitamente minore alla correttezza o perbenismo delle attitudini tenute?
In mia difesa mi viene da incolpare il campo morfogenetico e il campo morfico. E così, ai vostri occhi, assegnarmi il posto di vittima della situazione – Ed anche qui un’altra parola carica di connotazioni pesanti.
Questo percorso con le costellazioni mi fa sempre pensare a uno degli Ordini dell’Amore: L’equilibrio delle cose. Il punto di equilibrio giusto tra il fare per bene [tesi] e il disguido [antitesi].
Questa dualità lascia spazio per un terzo punto: la responsabilità/sintesi.
Una triangolazione. Ed è qui dove mi prendo le mie responsabilità. Non mi sento una vittima di queste situazioni. Molto meno colpevole. Mi sento responsabile. Responsabile per ciò che ho deciso di fare e di conseguenza di tutto ciò che mi è accaduto. Questo senso di responsabilità alla sua volta porta con sé un regalo. Il momento presente. Il qui/ora dove possiamo portare alla fine il nostro compito. Portare avanti la vita che abbiamo. Così
com’è.
Con i genitori che abbiamo.
Con la infanzia che abbiamo avuto.
Con i sorrisi che abbiamo vissuto.
Con gli abusi subiti.
Con i raggi caldissimi del sole di agosto.
Con il freddo di febbraio.
Con la fame.
Con la pancia piena.
Con un buon libro.
Con un’app divertente.
Con le serie tv.
Con i debiti.
Con il lavoro.
Con gli amici.
Con gli amori.
Con le delusioni.
Con i dolori.
Così come sono state tutte queste cose. Così come sono io ora. Così com’è la vita adesso. Verso
qualcosa di più grande.
Verso la Via della Più Vita